È arrivata da poco la notizia che tanti aspettavamo: a breve su Instagram si potrà indicare quando si è davanti ai post sponsorizzati.
Con i profili aziendali, inoltre, le aziende che intraprendono una collaborazione avranno anche l’accesso agli insight dei collaboratori, così potranno monitorare gli accessi ai post e l’engagement reale.

Da una parte, questo risolverebbe un problema piuttosto spinoso: l’assenza di una legislazione specifica che regoli la pubblicità sui social.

Cosa dice la legge sui post sponsorizzati?

In assenza di norme di legge o contrattuali specifiche, infatti, ciascuno è libero di pubblicare nella propria bacheca qualsiasi contenuto desideri, ovviamente nel rispetto delle norme sul diritto d’autore, sulla proprietà intellettuale e sul trattamento dei dati personali e dei limiti imposti dal diritto penale. Tra i contenuti “liberi” ci sono anche quelli sponsorizzati, quindi io mi ritengo libera di pubblicare post a contenuto sponsorizzato dal momento che attualmente non ci sono restrizioni legali o contrattuali a tale attività (ci sono in altri ordinamenti, non nel nostro).

Quindi, in pratica, si può (tutt’ora, a meno che Instagram non imponga di usare la nuova feature nei post sponsorizzati, ma pare che non lo farà a breve) pubblicare ciò che ci pare, senza precisare che è un post sponsorizzato.

post sponsorizzati su instagram
Una persona mi ha fatto notare che si possono nascondere i post sponsorizzati delle pagine ma non dei profili personali, quindi se io sponsorizzo un prodotto dal mio profilo personale lei non ha difese. In realtà non è così, primo perché legalmente la mia attività non può definirsi “pubblicitaria” in mancanza di una normativa in merito, quindi ha un oggetto diverso dal contenuto esplicitamente sponsorizzato delle pagine, e poi perché si può comunque togliere l’amicizia a chi pubblica contenuti che non piacciono: esistono strumenti per non leggere nulla di ciò che scrivo, che chiunque è libero di adottare.

Senza la legge, la trasparenza vince

Detto ciò, io sono personalmente io sono favorevole al principio di trasparenza, e sono la prima a usare hashtag come #adv e a ringraziare l’azienda che mi manda il prodotto. Il tutto per il rispetto dei follower che hanno il diritto di sapere se mi spalmo ogni giorno la crema Nivea o se la fotografo perché mi hanno pagato.

Sono invece contraria alle modalità proposte da Instagram. Queste vanno bene per uno stato come l’America, dove è abbastanza scontato che se pubblichi un contenuto sponsorizzato vieni pagato. In Italia, invece, ricevere cash per i contenuti è abbastanza utopico, se non sei Chiara Ferragni (del resto siamo il paese del “ti pago in visibilità”). Di solito le aziende ti regalano il prodotto in cambio di pubblicità, e non è decisamente la stessa cosa.

La nuova feature per i post sponsorizzati in Italia non va bene

È giusto indicare come “paid partnership” (questa la dicitura prevista dalla nuova feature) una collaborazione di questo tipo? NO. Anche per un solo motivo: se non mi paghi, io non fatturo, e siccome viste le recenti norme il fisco può incriminarmi per insoluto basandosi sulla mia attività social, i micro-influencer rischiano grossi guai.

Che dire, io spero che venga implementato un sistema per indicare che il compenso della collaborazione è il prodotto stesso. In caso contrario possono succedere due cose: o le aziende italiane si rassegneranno a pagare chi produce contenuti (come sarebbe giusto, tra l’altro), o gli influencer si rivolgeranno solo alle aziende estere. Staremo a vedere.

Aggiornamento

Dalla pubblicazione di questo articolo sui post sponsorizzati è passato un po’ di tempo e sono cambiate alcune cose. Per esempio, ora c’è l’obbligo di segnalare la collaborazione, almeno con hashtag come #ad #adv o #gifted. Cosa che gli influencer che ci tenevano alla trasparenza facevano già prima.

Vorrei dire una cosa a quelle aziende che con la feature pensano di trovare delle garanzie sui numeri degli influencer: dopare il proprio seguito è ancora possibile, non solo in termini di like, ma anche di visualizzazioni, che possono essere comprate come qualsiasi altra cosa su Instagram. Il mio suggerimento, quindi, è di provare a collaborare con vari influencer per una piccola cifra, monitorare i risultati di vendita attraverso codici sconto personali e vedere chi performa meglio. A quell’influencer poi si offre una collaborazione più importante, magari nel ruolo di brand ambassador. Solo così si lavora bene, in un mondo dove tutto è falsificabile!

Parlerò ancora di questi argomenti, quindi il mio suggerimento è quello di iscriverti agli aggiornamenti del blog (e anche alla newsletter già che ci sei!). Se nel frattempo vuoi dare un’occhiata agli argomenti che tratto sui social, mi trovi su Facebook e su Instagram!