Senza fretta ma senza sosta, perché comunicare online è una maratona, non una gara di velocità.
Oggi volevo raccontarti qualcosa di me, di come ho maturato quest’idea di comunicazione senza fretta ma senza sosta e sì, dovrò scrivere di corsa.
Non nel senso che scriverò questo articolo rapidamente e senza cura, anzi, sarebbe incoerente! Intendo proprio che parleremo di corsa, quella che dovrei fare per dimagrire e invece non faccio mai (perché vuoi mettere curare il profilo Instagram? A proposito lo trovi qui!).
Il culto della velocità
Non sembra, ma quando ero piccola ero molto sportiva e molto competitiva. Me la cavavo molto bene nello sci e nel salto in alto, abbastanza bene in velocità e sport di squadra ed ero campionessa assoluta di… giochi da grest. Il grest infatti ha segnato tutte le mie estati, in bene quando la mia squadra arrivava prima, in male quando non ce la faceva. Adoravo pallaguerra, pallabase, ma soprattutto bandiera genovese. Questa propensione alla velocità si rifletteva anche nelle mie scelte sentimentali: non ero innamorata del bambino più intelligente, ma di quello più veloce (che comunque ora fa tipo l’ingegnere in una multinazionale, confermando la mia irrazionalissima convinzione che veloce=intelligente).
Viceversa, non ero assolutamente portata per le gare e gli sport di resistenza, e in particolare ero una frana nella corsa. Correvo due minuti e mi veniva male tipo ovunque. Il test di Cooper (se non sai cos’è il test di Cooper leggi qui, oppure fidati di me quando dico che doveva essere vietato dalla convenzione di Ginevra) lo disertavo senza rimpianti, e la prof delle medie mi dava sufficiente in ginnastica per ripicca, anche se gli altri voti erano buoni. Ma non mi interessava. Non vedevo proprio il senso di soffrire in quel modo visto che non ero un militare, e per me che avevo buoni voti in tutto è stato uno dei pochi segni di ribellione al sistema. Per inciso, il karma ha voluto che molti anni dopo, nel 2004, mi dovessi rassegnare al test di Cooper, perché da lui dipendeva non solo il mio voto in educazione fisica, ma anche conseguentemente il numero di crediti con cui mi sarei presentata alla maturità: 17 o 18 su 20, e per me che sono superstiziosa faceva una netta differenza.
Senza fretta ma senza sosta
Ma il valore della costanza, anche senza “esplosione” l’avevo capito anche prima, proprio al grest. Una delle cose che odiavo di più era la “corsa per le vie” praticamente una maratona. Il primo anno, ero partita a mille e poi, puntuale dopo due minuti, mi era venuto male dappertutto. Stavo sputando milza e polmoni, ma non sono voluta salire sulla canna del volenteroso animatore che voleva riportarmi indietro così: ne sarebbe andato del mio orgoglio. Peccato che lui, per aspettarmi, abbia finito ben dopo l’orario di chiusura, con il dubbio di dover pure chiamare un’ambulanza e mi abbia preso in giro fino all’anno successivo. Morale della favola, l’anno dopo, in prima media, ho incrociato le braccia: se volevano farmi correre in giro per il quartiere dovevano obbligarmi, minacciarmi con armi, fare qualcosa di grande, ma io da lì non mi muovevo. A quel punto è emerso il mio innato senso di leadership, perché tutte le ragazzine della mia squadra e anche quelle di molte altre squadre mi sono venute dietro e hanno incrociato braccia e gambe: la corsa per le vie non la facevano neanche loro.
Morale della favola: hanno partecipato in 5, e ovviamente hanno vinto. Camminando e spettegolando per tutta la “corsa”, senza fretta una senza sosta. Siccome il punteggio era diviso tra maschi e femmine, tre squadre, tra cui naturalmente la mia, hanno perso un sacco di punti per questo mio colpo di testa, e io me lo ricordo ancora il capitano, che ovviamente era il più veloce, il più biondo nonché quello che mi piaceva, urlarci: “HANNO VINTO CAMMINANDO!!! Ve ne rendete conto?? DIECI PUNTI REGALATI, HANNO VINTO CAMMINANDO!”
Si può vincere camminando
Questa cosa mi è rimasta impressa, e non solo perché in questo modo mi sono giocata tutte le chance di diventare capitano l’anno dopo e di uscire con il ragazzino biondo. Il punto è che da lì ho cominciato a notare quante volte, negli ambiti più diversi, c’era gente che “vinceva camminando”, cioè senza fretta ma senza sosta. Come dici, non ci sono? Non è vero, è che le noto solo io, che a 11 anni sono stata traumatizzata dalla corsa per le vie. Ci sono, ma fanno meno rumore delle meteore che esplodono con polemiche, concetti urlati, insistenza e cifre gonfiate ad arte. Il successo di queste persone c’è, è innegabile, ma sono convinta che sia momentaneo, e che nella maggior parte dei casi il successo più duraturo si raggiunga davvero camminando. Magari poco, ma sicuramente ogni giorno, fino alla fine, senza fretta ma senza sosta. Da quando ho aperto la partita IVA, salvo un anno, il mio fatturato è sempre aumentato. Non sono diventata ricca, ma non è detto che, continuando così, non lo diventerò. E diffido sempre di chi mi offre risultati immediati, che si tratti di follower o di creme per la cellulite: i risultati si raggiungono sempre con costanza e sacrificio: senza fretta ma senza sosta!
Senza fretta ma senza sosta, è un sacrificio
Ah, ti ho parlato del test di Cooper alle medie vero? Mi sono allenata più di un mese, correndo ogni giorno. Stavo malissimo ogni volta, ma sono riuscita ad arrivare al 7 e mezzo (mentre per le mie compagne fioccavano i 9 e i 10). Ho preso 8 in pagella in educazione fisica e sono quindi riuscita a presentarmi con 18 crediti alla maturità, e questa è la prova che spesso non è necessario essere la migliore in una cosa, se il tuo obiettivo è diverso (a parte che sarei morta nel tentativo, ma prendere 10 nel test di Cooper mi sembrava un controsenso!).
Questo è un argomento che mi sta molto a cuore e a breve lo affronterò anche in newsletter. Se ti interessa, ti consiglio di iscriverti a Parole Caramellate, la mia newsletter dove parlo di strategia, ma anche di vita vissuta: è una comunicazione più personale, destinata solo a chi mi segue veramente. Per tutti gli altri… Al prossimo post!
Uno spunto molto interessante, grazie!
Un post interessante che offre spunti di riflessione. Brava!
Bello davvero, spero che sia così. Io quando ho raggiunto le vette in qualcosa ho sempre faticato e lavorato molto, un po’ il vecchi paragone delle auto a diesel.